Tra le cause della separazione tra i coniugi si annovera l’infedeltà coniugale, una situazione fondata sul tradimento che potrebbe giustificare l’addebito della separazione ad uno dei coniuge, nella specie al coniuge infedele ex art. 151, 2° comma, C.c.
La norma suindicata afferma che “Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”.
I doveri che derivano dal matrimonio e che incombono su entrambi i coniugi sono l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione ai sensi dell’art. 143 C.c.
Ai fini dell’addebito della separazione è necessario stabilire se la crisi matrimoniale risulta determinata dalla relazione extraconiugale e dalla conseguente inosservanza del dovere di fedeltà imputabile ad uno dei coniugi, ovvero che sia stata tale inosservanza a determinare l’intollerabilità della convivenza, salvo che il coniuge responsabile provi, come fatto estintivo, che la crisi coniugate fosse da imputare a fatti diversi, operando in tal caso un’inversione dell’onere della prova.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, in riferimento all’obbligo di fedeltà coniugale, che costituisce oggetto di una norma di condotta imperativa, la sua violazione, specie se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, determina normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e costituisce, di regola, causa della separazione personale, addebitabile al coniuge che ne è responsabile, sempre che non si constati la mancanza di un nesso di causalità tra l’infedeltà e la crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una rottura già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (Cass. Civile Ord. n. 2441/2015).
La pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri posti dall’art. 143 C.c. a carico dei coniugi, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione, lungi dall’essere intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza, abbia, viceversa, assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale. L’apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza è istituzionalmente riservato al giudice di merito (Cass. n. 18074/2014; Cass. n. 4550/2011). In tema di onere della prova, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza degli obblighi nascenti dal matrimonio, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata violazione (Civile Ord. Sez. 6 n. 14591/2019).